Il ricordo di Michele Alboreto vive indelebile nella mente di tutti noi e chi l’ha conosciuto, ed è entrato a far parte della sua vita, lo ricorda come un uomo puro e dai sani principi. Le persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo lo ricordano con un’emozione che è quasi un ibrido che si divide tra la gioia di aver avuto il modo di passar del tempo con lui ed il dolore poiché gli sono stati negati – prematuramente – altri momenti del genere. Tra questi figura Piero Ferrari che Michele Alboreto l’ha conosciuto, ed anche fin troppo bene.
Michele Alboreto tra i ricordi di Piero Ferrari
Sono ormai passati venti anni dall’incidente al Lausitzring – nel corso di un test al volante di un prototipo di classe LMP1 – nel quale ha perso la vita Michele Alboreto. Il pilota italiano è stato tra i protagonisti della Formula 1 degli anni Ottanta, prima con la Tyrrell e poi con la Ferrari. Nel Mondiale ha disputato 194 Gran Premi, ottanta dei quali con il team di Maranello. Cinque le sue vittorie, tre quelle al volante di una vettura della Scuderia. Il Vice Presidente Piero Ferrari, rispondendo alle domande di Ferrari.com, ha tracciato un ricordo del pilota milanese.
Ricorrono i vent’anni dalla scomparsa di Michele Alboreto, l’ultimo pilota italiano a vincere su una Ferrari in Formula 1. Se lo dovesse ricordare con tre parole, quali sceglierebbe?
Michele aveva dimostrato nei suoi anni con la Tyrrell non soltanto di essere molto veloce, ma soprattutto di saperlo essere su tutte le tipologie di circuito e in condizioni molto diverse fra loro, una caratteristica che aveva attirato l’attenzione di mio padre insieme al fatto di essere una persona che si contraddistingueva per la serietà, l’impegno e l’equilibrio: c’erano quindi tutti i requisiti giusti per diventare un pilota della Scuderia.
Alboreto con la Ferrari vinse in Belgio alla prima stagione e poi in Canada e Germania nel 1985, quando arrivò a giocarsi il titolo con Alain Prost. C’è un episodio della sua avventura con la Scuderia che ricorda in modo particolare?
Più che un episodio c’è un rammarico: quello di non averlo messo nelle condizioni di poter vincere il titolo iridato e rivedere così un italiano campione del mondo con la Ferrari dopo Alberto Ascari. In quegli anni il motore turbo stava arrivando alla sua massima evoluzione in termini di potenza e noi non eravamo ancora così padroni di quella tecnologia come avremmo dovuto, così i problemi di affidabilità di cui soffrimmo nella seconda parte del 1985 gli impedirono di combattere per il titolo contro la McLaren.
Alboreto era sul podio anche a Monza nel 1988, a pochi giorni dalla scomparsa di suo padre. Le è caro anche per questo?
Quell’edizione del Gran Premio d’Italia è una delle poche in cui non ero in pista con la squadra quindi seguii la corsa davanti alla televisione: in un periodo così triste come quello che stavo vivendo fu un bel regalo quello che lui e Gerhard (Berger) mi fecero salendo sui gradini più alti del podio.
C’è una dote di Michele che rivede in uno o in entrambi gli attuali piloti della Scuderia Ferrari?
Così come Michele anche Carlos e Charles hanno già dimostrato nella loro carriera di essere veloci indipendentemente dalle condizioni e dal circuito: proprio lo scorso weekend a Imola lo ha dimostrato! Inoltre, sono molto costanti nel rendimento, un’altra dote che li accomuna al pilota italiano.
Questi sono i ricordi che Piero Ferrari ha voluto condividere coi Tifosi del Cavallino Rampante portando alla luce aneddoti che hanno come protagonista uno dei migliori, e più umani, piloti che il motorsport abbia mai avuto. Ciao Michele.
Raffaello Caruso