Il GP di Singapore è considerato una delle tappe moderne della F1 nonostante il suo ingresso in calendario risalga al 2008. Nonostante l’apparenza mostri un circuito simile agli ultimi ingressi in calendario, il tracciato di Marina Bay riporta inevitabilmente la mente al passato. Quanto è accaduto in quel GP di Singapore del 2008 è infatti ancora oggi ricordato come Crashgate.
GP Singapore: il Crashgate del 2008
Mondiale di F1 2008. Kimi Raikkonen è il campione del mondo in carica e la F1 si è da poco lasciata alle spalle la Spy Story della stagione precedente. Il mondiale è combattuto e il Circus si appresta a conoscere nuovi tracciati, come quello di Marina Bay. 28 settembre 2008. Il notturno tracciato illuminato dalle tante luci mostra un’immagine destinata ad essere una delle grandi ombre della massima serie.
È il quattordicesimo giro del GP di Singapore. La Renault di Nelson Piquet è ferma, schiantata contro al muro della curva 17. Sul tracciato di Marina Bay arriva così la Safety Car. Alonso, dopo un primo pit stop, si trova in testa alla corsa. Gara che poi il pilota asturiano andrà a vincere nonostante la partenza dalla quindicesima posizione. La notte inizia a scendere su Marina Bay. Le parole di Piquet Jr. riecheggiano nell’aria: è stato un semplice errore. Cala il sipario.
Nulla di strano in un episodio che in F1 accade con una certa frequenza; vedere un incidente in una delle sessioni in pista, gara compresa, non è infatti una rara occasione. Nulla di strano almeno fino al 2009, quando a seguito del GP d’Ungheria la Renault decide di abbandonare il pilota brasiliano. Ed è proprio in quel momento che la notte di quel GP di Singapore del 2008 diventa ancora più buia. Nelson Piquet riporta il mondo della F1 indietro di un anno. Un viaggio nel tempo obbligato da una pesante accusa. L’incidente non è stato un errore.
Il buio passato della F1
L’incidente, giustificato dallo stesso Piquet come un semplice errore, in realtà sembra nascondere altro. Il pilota brasiliano confessa infatti che lo schianto di quel 2008 era voluto, chiesto dalla stessa Renault per favorire la rimonta di Fernando Alonso e quella che poi è stata la conseguente vittoria. La confessione del giovane pilota fa così il giro del mondo. Scandalo. Ingiustizia. Vergogna.
Da quel momento il mondo della F1 precipita in quello che i media hanno poi rinominato Crashgate. Uno scenario che si è rabbuiato ulteriormente dopo le accuse di cospirazione emanate dalla Federazione. Un buio diventato poi ancora più scuro quando Renault ha annunciato che Flavio Briatore, amministratore delegato, e Pat Symonds, direttore esecutivo, avrebbero lasciato la squadra. Dubbi esistiti fino all’ultimo e che in un lampo si sono trasformati in una certezza, rendendo comune il pensiero non solo della F1, ma dell’intero mondo appassionato. Colpevoli.
La caduta del team francese è poi proseguita. La squalifica dalla F1, Briatore bandito dagli eventi targati FIA e il divieto di cinque anni dato a Symonds. Sentenze che in parte sono state ribaltate giungendo poi alla parola fine con il ritorno di Briatore come ambasciatore della F1. Quello stesso sport che lui stesso ha contribuito a far cadere nell’ombra. Con un occhio al passato e uno rivolto all’imminente GP di Singapore, il mondo della F1 appare diverso. Forse però lo è solo in superficie. Le ombre in uno sport dominato dai soldi sembrano infatti spesso in agguato, pronte a diventare protagoniste assolute.
LEGGI: “GP Singapore: il programma del weekend”
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