La squadra del cavallino è al centro delle polemiche al momento per la decisione coraggiosa di licenziare Mattia Binotto dal suo ruolo. Il ciclo dell’ormai-ex team principal Ferrari è giunto al suo termine, senza però che sia stato trovato un adeguato sostituto. Il cambiamento repentino delle figure al comando della Gestione Sportiva è stato un leitmotif per la Rossa, con diversi periodi di breve stabilità. Un’abitudine, questa, che le altre squadre di punta (leggi: Red Bull e Mercedes, con il comando rispettivamente di Horner e Wolff da una decina d’anni) non hanno mai sostenuto, preferendo lunghi periodi sotto la stessa gestione. Ripercorriamo insieme le figure principali che si sono susseguite come team principal in Ferrari nell’ultimo ventennio.
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Team principal Ferrari: l’impero Todt
Il primo “straniero” alla guida del marchio italiano. Chiamato nel 1993 da Luca Cordero di Montezemolo quando la squadra era formata da soli quattrocento tecnici, è rimasto a capo della Gestione Sportiva del team fino al 2007. Jean Todt è stato il team principal che ha più aiutato la Ferrari a tornare agli antichi fasti: dopo una profonda ristrutturazione della squadra – che negli anni Novanta stava attraversando uno dei periodi più bui – a Maranello sono tornate le vittorie.
Nel 1995 fu sua la decisione di ingaggiare Michael Schumacher, con cui la Rossa vinse sei titoli costruttori consecutivi (negli anni dal 1999 al 2004) e cinque titoli del campionato piloti (2000-2004). Conclude il periodo con una nota positiva e la vittoria di un settimo titolo nel 2007, con Kimi Raikkonen. Nello stesso anno prepara Stefano Domenicali, che gli succederà nella gestione del team dal 2008.
2008-2014: Stefano Domenicali
Dal 2002 il manager bolognese ricopre il ruolo di Direttore Sportivo in Ferrari, per poi essere promosso a team principal dopo le dimissioni di Todt nel 2008. Durante il periodo Domenicali, la Ferrari raggiunge traguardi importanti fuori dalla pista dal punto di vista del fatturato, ma non conquista nessun titolo piloti o costruttori. La sua relazione con la scuderia dura solo fino al 2014, l’anno dell’introduzione della nuova era di motori ibridi definito da molti l’annus horribilis a Maranello. Il suo successore sarà Marco Mattiacci.
Mattiacci e Arrivabene: gestione difficile nell’era turbo-ibrida
Primi sentori dell’instabilità della Ferrari iniziano a trasparire qui, come crepe nella facciata perfetta di quel sogno in rosso. Dopo le dimissioni di Domenicali, in un anno che poteva essere cruciale per Maranello e che invece si è dimostrato l’inizio di un ciclo difficilissimo da cui si sta uscendo – forse – solo ora, il team principal è Marco Mattiacci. La gestione di Mattiacci dura poco, però, dato che viene sostituito appena un anno dopo da Maurizio Arrivabene.
Il 2015 è un anno di svolta per la Rossa: in Ferrari approda anche Sebastian Vettel, reduce da quattro titoli mondiali con la Red Bull, per sostituire Fernando Alonso. Lo stile manageriale di Arrivabene riesce a risollevare la Ferrari dalla fossa in cui si era ritrovata negli ultimi anni: poche parole e molti fatti, riesce a concludere quarto, terzo, e due volte secondo nel campionato piloti con Vettel. Nonostante ciò, a Maranello ancora manca l’obiettivo principale: la vittoria di un campionato. Nel 2019 è sostituito da Mattia Binotto.
2019-2022: La parentesi Binotto
Mattia Binotto approda a Maranello quando lo fa anche Charles Leclerc. L’ultimo team principal della Ferrari ha portato il pilota monegasco a conquistare le prime vittorie e le prime pole della carriera. Dopo il 2020, altro anno drammatico per la squadra, è spesso stato criticato per la sua conduzione del team. Binotto è spesso stato inquadrato come un tecnico e nient’altro, un uomo poco di polso ma che ha saputo apportare dei buoni sviluppi nella parte ingegneristica.
Il 2022 è stato l’anno decisivo per la sua carriera, in cui ancora una volta la Ferrari si è trovata davanti ad una grande opportunità con il cambiamento delle monoposto. Invece, la gestione poco efficace delle strategie, dei piloti, e gli errori del muretto hanno creato delle tensioni tali da convincere i piani alti a terminare il rapporto lavorativo. Adesso la domanda è una sola: chi prenderà in mano il progetto Ferrari?
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