Il team manager Honda Alberto Puig, sta affrontando uno dei periodi più cupi della casa nipponica. In un campionato in cui ogni team (o quasi, ndr) è alla ricerca della perfezione, la Honda si trova ancora in alto mare e “terra” sembra essere ancora lontana. Il lavoro è tanto e il manager del box lo sa, quello che non manca però, è la fiducia.
Il cambio di mentalità della Honda
La netta disparità tra Ducati e Honda sembra ormai essere una realtà assodata, tutti ne sono consapevoli e persino Puig sembra ammettere che tra loro e i top team c’è molta differenza. E allora quale può essere la strategia volta ad essere messa in atto dalla casa alata? Niente trucchi o miglioramenti tecnici, il loro asso nella manica è semplicemente… il team. Per molti può sembrare un’argomentazione scontata, quasi ovvia ma per Honda non è mai stato così; le direttive dei vertici hanno sempre messo un solo protagonista alla volta davanti a tutti. Strategia vincente finché i risultati arrivano ma tutto ciò può facilmente tramutarsi in un completo disastro se quel pilota dovesse venire a mancare per un qualunque motivo; come del resto è successo con Marquez.
Quest’anno però hanno la possibilità di sfoggiare due tra i piloti più forti sulla griglia di partenza: l’8 volte campione del mondo Marc Marquez e il 2 volte campione Joan Mir e sarà questo il loro punto di forza. Ecco quindi le parole di Puig sulla line-up Honda:
“In un team come Repsol Honda, dobbiamo avere due piloti in grado di vincere le gare. Negli ultimi anni l’unico capace di farlo è stato Marc di cui negli ultimi due con un braccio e mezzo. Vogliamo sempre che i nostri piloti lottino tra di loro e ci assicuriamo sempre che entrambi possano farlo”.
Come detto, un cambio di rotta era necessario. Cosa ne pensa allora Puig del nuovo arrivato?
“Credo che Mir sia un pilota esperto. È un due volte campione del mondo e saprà svolgere il suo ruolo in squadra. In questo sporto devi pensare molto a te stesso, devi concentrarti su di te e competere con gli altri piloti e uno di loro sarà Marc. C’è sempre stato un motivo dietro gli ingaggi; quando abbiamo preso Lorenzo lo abbiamo fatto perché aveva un curriculum impressionante, poi al suo ritiro abbiamo pensato che Pol potesse portarci molta esperienza ma a volte le cose vanno bene a volte male. Ora crediamo che Joan abbia la nostra stessa mentalità, c’è un motivo se hai vinto dei titoli. Abbiamo piena fiducia in lui”.
Si ma… la RC?
La RC213V ha però bisogno di migliorare. Un fuori classe come pilota può tirarti fuori da molti problemi, ma è nulla senza un mezzo valido.
“Abbiamo avuto diversi problemi, tra cui gli high-side. Durante l’inverno abbiamo lavorato molto su questo problema. Gli ingegneri in Giappone e in Europa hanno fatto uno sforzo importante ma la moto deve essere un insieme che lavora alla perfezione. Abbiamo cambiato anche le dinamiche del nostro lavoro e ora siamo aperti a nuove opportunità con nuovi partner esperti nelle corse come Akrapovic o Kalex. Honda non ha cambiato il suo sistema di lavoro e il suo DNA, siamo aperti ad ascoltare e a provare nuove idee che possano aiutarci a migliorare la moto. Ci stiamo adattando al sistema di lavoro di Ken Kawauchi”.
La signora Ducati insegna
Oramai è un punto di riferimento, potremmo definirla quasi una stella polare per la maggior parte delle case motociclistiche; Ducati ha quel livello, quell’affiatamento, quella mentalità a cui tutti aspirano. Il divario con Honda verte proprio su questo e a Saitama ne sono tutti consapevoli:
“La differenza con la Ducati è evidente. Loro hanno un grande potenziale sul giro secco e noi dobbiamo migliorare. Hanno fatto un grande passo avanti e questo ci spinge a dire: lo faremo anche noi. Però a oggi la realtà è che loro sono un netto passo avanti“.
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