La MotoGP negli ultimi anni si sta avvicinando sempre di più al suo fantastico pubblico. Il merito va all’apparato giornalistico che segue questo mondo da vicino. Una delle voci più inconfondibili del paddock di MotoGP è sicuramente quella di Vera Spadini. Ospite della nostra rubrica Formula Rosa, la conduttrice di Paddock Like Show, programma di Sky, ha raccontato in esclusiva la sua personalissima esperienza nel mondo delle due ruote e non solo.
Vera Spadini: dal giornalismo calcistico alla MotoGP
Com’è nato il tuo percorso nel mondo del giornalismo?
“Mentre studiavo giurisprudenza ho iniziato a lavorare in una redazione sportiva. Scrivere e raccontare era molto meglio del tribunale e delle cause. Così ho iniziato la gavetta e sono arrivate le prime soddisfazioni. Lo sport mi ha sempre incuriosito e sarebbe stato fantastico per me poterlo raccontare”.
Sei arrivata a Sky, prima come inviata sui campi della Serie A e poi alla conduzione di Sky Sport 24. Nel 2017 è arrivata la proposta di Guido Meda di passare alla MotoGP con Paddock Live Show. Eri già appassionata di motorsport?
“Ho iniziato ad appassionarmi al motorsport con l’epopea di Valentino Rossi. Chi non seguiva le sue gare con la telecronaca di Guido Meda. Loro due sono stati un binomio fantastico. A Sky Sport 24 la mia conoscenza si è fatta più specifica. Quando è arrivata la proposta di Guido ho studiato molto più approfonditamente per conoscere meglio l’ambiente, apprendere in maniera tecnica e pratica tutto quello che c’era da sapere. Devo essere onesta: questo è un mondo che più conosci e più ti crea dipendenza“.
La MotoGP: un cuore che spinge come un motore
Di questi primi sette anni in MotoGP quali sono stati i momenti più belli e difficili per te?
“Nel mio primo anno ho vissuto l’ultima vittoria di Valentino Rossi. È stato bellissimo viverlo in prima persona, così come il suo addio, trasformato in una festa. Meravigliosa anche la vittoria del mondiale di Francesco Bagnaia; da giornalista è stata una grande emozione da raccontare. I momenti brutti sono quelli relativi all’aspetto più doloroso del motorsport, ovvero la perdita di qualche persona, come Jason Dupasquier. È stato un trauma. Come fai a raccontare di un ragazzino che muore? Però bisogna farlo e l’ho fatto, ma è stato orribile”.
Di piloti ne hai intervistati veramente molti ma quali ti hanno lasciata quel qualcosa in più?
“Scontato dire il suo nome: Valentino Rossi. Il suo talento lo prospetta nella sfera degli sportivi che sono unici e irripetibili, che hanno fatto la storia dello sport. Un vero e proprio portatore sano di allegria. Andrea Dovizioso mi ha colpito molto; una persona bella e acuta. Franco Morbidelli mi piace un sacco. Ha un mondo particolare dentro di sé. Un peccato che non si riesca ad esprimere a pieno dal punto di vista sportivo”.
Definiresti il motorsport più maschile o maschilista?
“È maschile perché ci sono tanti uomini. Non direi maschilista perché io non ho mai avuto l’impressione di subire una qualche forma di discriminazione in quanto donna. Vedere questo mondo più ambientato da uomini potrebbe far associare la guida al genere maschile ma, come nel calcio, questa è più una questione culturale. In futuro vedremo molte più donne pilota ed entrerà nell’abitudine vederle in pista. A chiunque voglia entrare a far parte di questo mondo dico di non scoraggiarsi di fronte alla fatica fisica e mentale. Sono la passione e l’amore per questo sport che danno la forza di affrontare tutto“.
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Ascolta il podcast di Formula Rosa con l’intervista integrale a Vera Spadini sul nostro profilo Spotify. Con Mara Giangregorio, la conduttrice di Paddock Live Show MotoGP ha raccontato in esclusiva la sua storia nel mondo del giornalismo. Dall’esperienza come inviata sui campi della Serie A all’arrivo nel motomondiale, con tante curiosità e analisi sulla stagione corrente.
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Mara Giangregorio