Minardi Day Mario Donnini
All'Historic Minardi Day, Mario Donnini ci ha parlato del suo nuovo libro sulla Formula 1, dall'idea iniziale al messaggio per i lettori.

L’Autodromo Enzo e Dino Ferrari ha ospitato, per l’ottava volta, l’Historic Minardi Day. Migliaia di appassionati si sono riuniti per celebrare la storia del motorsport e ricordare grandi piloti. Nelle giornate ideate da Minardi, è stato possibile ricreare l’atmosfera del passato anche grazie ai racconti di professionisti, come quello di Mario Donnini, giornalista, scrittore ed esperto di motori. Rossomotori.it, presente all’Historic Minardi Day, ha avuto la possibilità di intervistare Mario Donnini a proposito del suo nuovo libro, Formula 1. Campionissimi e grandi record: ecco com’è arrivata l’idea, quali sono punti di vista e qual è il messaggio finale per i lettori.

Mario Donnini all’Historic Minardi Day: il racconto dietro i suoi libri

L’evento a Imola, terminato il 25 agosto, è stato un grande successo e ce lo ha confermato lo stesso Gian Carlo Minardi. L’arrivo di 17.000 persone nell’autodromo è la dimostrazione di come la passione per i motori possa dar vita a qualcosa di eccezionale. Esattamente quella stessa passione che ha spinto Mario Donnini a scrivere 31 libri sul motorsport e che traspare da ogni riga delle sue pagine. Donnini è anche la mano che sta dietro a diversi articoli di Autosprint, nonché ideatore di rubriche come Cuore da Corsa. All’Historic Minardi Day, Mario Donnini ha presentato il suo nuovo libro Formula 1. Campionissimi e grandi record e ne ha parlato con Rossomotori.it. L’autore, con la sua capacità di strappare una risata ogni volta che ne ha occasione e la sua cultura sul motorsport, ha scritto, con l’aiuto delle vignette di “Matitaccia”, un libro che rispecchia queste sue caratteristiche.

Ascari Ferrari Mario Donnini Minardi Day
Photo Credit: Scuderia Ferrari Media Centre

Cosa c’è sato per arrivare alla concezione del libro?

Per arrivare alla concezione del libro sono abbastanza veloce, quindi qualche giorno ci ho pensato su, poi ho fatto. Oramai questo è il trentunesimo, quindi il più è stato i primi di 30, poi oramai vengono facili.

In una parte del libro lei paragona i piloti italiani nell’automobilismo all’Uruguay nel calcio. Come può spiegare questa similitudine?

Perché quando ero bambino l’Uruguay era molto forte e poi da quando sono cresciuto non hanno vinto più quasi niente. Per gli italiani, purtroppo, in Formula Uno, è la stessa storia. Hanno cominciato negli anni 50, venivano dagli anni 20 e 30 con Nuvolari, Fagioli, Varzi e poi con Ascari Junior. Erano il Brasile dell’automobilismo, vincevano tutto e, improvvisamente, da Ascari in poi è cambiato qualcosa. C’è stata tanta sfortuna. Nello stesso tempo c’è stata la Ferrari che ha preferito fare a meno degli italiani al volante. Poi, ultimamente, è arrivata anche la crisi economica. Così da 71 anni non vinciamo più il mondiale piloti, così come l’Uruguay non vince più dal 1950 quello di calcio. Fate un po’ i conti. 

Ascari Ferrari
Photo Credit: Scuderia Ferrari Media Centre

Quando ti hanno chiesto di parlare di numeri, come ti è venuta l’idea di parlarne in questi termini, ovvero in modo così divertente?

I numeri mi hanno sempre torturato, fin dalle scuole elementari. Andavo male in matematica, ho sofferto. Ho fatto lo scientifico, ho sofferto come un cane. L’ho fatto solo perché era davanti casa, quindi avrei avuto la possibilità di svegliarmi più tardi la mattina, però ho sofferto molto la matematica. Quindi avevo una gran voglia di prendere in giro la aritmetica e le sue regole. L’ho fatto, spiegando che, molto spesso, le grandezze matematiche sono soltanto delle opinioni. Vengono scalzate da ragionamenti, aneddoti e argomentazioni che, dialetticamente, vanno al di là dei secchi numeri.

C’è un messaggio che ha voluto dare con questo libro?

Quello di guardare la Formula Uno come una palestra di intelligenza e di preparazione. Ovvero sorridere, ridere e divertirsi, però anche leggere e ragionare. Se prendiamo una passione come la scusa per aumentare il nostro patrimonio conoscitivo e ragionativo, non perdiamo neanche un secondo di ciò che ci stiamo impiegando. Credo che il passatempo più bello sia quello che arricchisce culturalmente e che fa ragionare, sorridere e crescere. Lo sport non è tempo perso, è solo tempo libero, è un discorso diverso.

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Katia Albergo

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