Quella con Roberto Chinchero è stata una lunga chiacchierata sulla Formula 1 ed i suoi principali attori. Non starò qui ad annoiarvi con inutili introduzioni perché questa è una di quelle interviste che non necessita di convenevoli e presentazioni. Per chi vorrà, buona lettura!
Roberto Chinchero in esclusiva a Rossomotori.it.
Quanto è cambiata da quando la segui tu internamente come giornalista? Quel passaggio da Bernie Ecclestone a Liberty Media è stato cruciale?
“La Formula 1 si evolve insieme alla società in cui si inserisce. Il modello di Ecclestone, basato su esclusività e televisione, ha funzionato brillantemente per 30 anni, trasformando uno sport frammentato in un fenomeno globale, capace di uscire dai tradizionali paesi come Italia, Inghilterra e Francia, e raggiungere un pubblico internazionale. Liberty Media ha saputo cogliere i cambiamenti del mondo moderno, puntando su social media, piattaforme web come Netflix e ampliando la Formula 1 verso nuovi mercati. Questo ha reso lo sport più attraente per il pubblico giovane, che l’era Ecclestone stava iniziando a perdere. Nonostante possibili errori, è innegabile che Liberty Media abbia portato la Formula 1 al passo con i tempi, adattandola ai cambiamenti globali e confermando la sua rilevanza. Però è innegabile che oggi sicuramente la Formula 1 è più al passo con i tempi rispetto all’era pre-Liberty”.
È molto più al passo con i tempi rispetto a quanto non lo fosse anni fa. Ricordo con Ecclestone i social network non avevano preso il piede che hanno oggi nell’era moderna, però lui era sempre un po’ restio a questa nuova tecnologia…
“Sì, perché il suo sistema di lavoro si basava su esigenze diverse e riscontri diversi. Ci sta anche, voglio dire, che un sistema che ha funzionato per tanto a un certo punto possa magari mostrare dei limiti. Però questo penso sia la natura delle cose”.
Continuando sempre su Liberty Media, assieme a Stefano Domenicali e Ben Sulayem è un asse che ha un certo peso. Però il presidente della FIA non è ben visto in questo panorama, soprattutto dopo l’ultimo periodo.
“Sì, alcune uscite di Ben Sulayem hanno sollevato discussioni, ma la presenza della FIA resta fondamentale. Liberty Media non può sostituirsi alla FIA, che detiene il marchio Formula 1. È vero che FIA e Liberty sembrano muoversi in direzioni diverse, ma nulla di irreparabile. Le uscite di Ben Sulayem hanno coinvolto i piloti, come Verstappen, che si sono fatti sentire. In passato ci sono state novità, come un sistema di qualifica che debuttava in Australia e rimosso poi in Malesia perché non funzionava. Spero che anche in futuro si sperimenti con cautela, rispettando la lunga storia della Formula 1”.
A volte si tende a oscurarla o a dimenticarsene, purtroppo. C’è da dire questo.
“C’è un perché nelle cose. Perché alla fine, se tu guardi la differenza che c’è, la Formula 1 è sempre cambiata. La Formula 1 degli anni ’90 è diversa da quella degli anni ’70, la Formula 1 degli anni ’80 è diversa da quella degli anni ’60 e così via. Quindi il cambiamento non deve essere sempre visto come una valenza negativa. Perché poi si sfocia nel passatismo. La maggior parte delle cose, hanno funzionato. Tant’è vero che siamo davanti ancora oggi a uno degli sport più popolari al mondo, e che ha un seguito molto importante. Quindi le novità sono servite. Poi, come sempre, bisogna avere il buon senso”.
Parliamo del passaggio di Alpine da Renault (partnership più che storica) a Mercedes. Fa parte del piano di crescita studiato da Briatore?
“L’accordo parte dal 2026, ma c’è un grande punto interrogativo. Sembra che l’operazione miri a snellire la struttura di Enstone, con la rinuncia al reparto motori. Sarà interessante vedere se la partnership tra Mercedes e Renault fornirà solo la power unit come avviene con McLaren o anche il retrotreno, come con Williams e Aston Martin. Se si tratta di questa seconda ipotesi, Alpine potrebbe diventare un team cliente, suggerendo una possibile vendita. L’evoluzione di questo accordo chiarirà la situazione, che ha già creato perplessità tra i dipendenti. Ma è normale e può capitare. In passato sono saltati team interi e non un singolo reparto come birilli, ti ricordo casi di Toyota e BMW nel 2008-2009”.
Un’altra notizia rilevante riguarda Michael Andretti che ha rinunciato alla sua carica nell’Andretti Group per godersi i successi ottenuti nella sua vita. Possiamo ritenere chiuso definitivamente il ritorno di Andretti (questa volta come team) in F1?
“Per me Andretti resta un grande mistero. Perché da quando Liberty è entrata in Formula 1 è stato abbastanza chiaro che loro stavano puntando molto sul pubblico e mercato statunitense. E quando arriva un nome pesantissimo, soprattutto degli Stati Uniti, come Andretti, nascono delle problematiche. Cioè ci deve essere un motivo che io non conosco, francamente, per cui poi questa trattativa con Liberty Media si è arenata. Perché sulla carta Andretti doveva essere perfetto, potrebbe ancora essere perfetto per Liberty, per potenziare ancora di più il suo appeal su un mercato che per loro è importantissimo come quello americano. Per cui ci deve essere un motivo, non penso che sia una questione di capricci. Penso che ci sia qualcosa che probabilmente si saprà, che sapremo o forse non sapremo mai, che ha fatto al momento messo in stand-by”.
Anche perché parliamo di un team vincente, che in qualsiasi campionato in cui ha partecipato ha comunque vinto qualcosa.
“Beh, Formula 1 è un’altra cosa. C’è anche chi ha sottolineato che comunque Andretti in IndyCar non vince da parecchio il campionato, non è oggi un top team come Penske o Chip Ganassi, per essere chiaro. Però il nome per me era perfetto. Se Liberty ha detto no ci sono stati dei motivi. Non lo vedo come un capriccio, lo vedo come un qualcosa che probabilmente al momento non è noto, ma qualcosa che non si è incastrato nel modo giusto, al momento”.
La scena di Drive to Survive in cui sei stato filmato in cui dicevi a Ricciardo di non fidarti di Zak Brown ti ha creato problemi con la McLaren? Che effetto ha avuto nel paddock?
“No. Io non l’avevo vista, me l’hanno raccontata quando eravamo ai test in Bahrain. Poi sono andato a bermi un caffè con Zak Brown e prima che lui mi dicesse qualcosa gli ho detto: «Beh, però avevo ragione, avevo ragione io», quindi l’ho fregato in partenza e ci abbiamo riso un po’ su. E comunque quello che io ho detto a Daniel poi si è verificato, nel senso che ne avevo già parlato prima con lui dicendogli che anche se ci fosse stato un contratto, questo non gli garantiva la presenza in F1, ma solo la sicurezza economica. Però ci tengo a dirti una cosa su Drive to Survive: quando è uscita la prima volta anche io ho pensato che fosse un po’ romanzata, però non siamo noi fruitori. Cioè noi che siamo iperappassionati, che viviamo di motorsport, e che ci lavoriamo dentro non siamo il target a cui si rivolge Drive to Survive e questo me l’hanno spiegato loro quando ho avuto modo di parlarci”.
Hai chiarito anche questa faccenda della dichiarazione su Brown?
“No, questo è l’antecedente, non ho chiarito niente. Drive to Survive a volte può sembrare un po’ forzata, un po’ romanzata, però spiegano, e dicono, che si rivolgono a un numero e ad una quantità di spettatori mostruosa nel mondo, perché Netflix ha una penetrazione ormai in tutti i paesi del mondo, ma serve a coinvolgere persone che magari non hanno mai guardato la Formula 1 e che attraverso il telefilm possono appassionarsi utilizzandolo come uno strumento di conversione e credo che sul mercato statunitense in particolare ha funzionato questa cosa. In Europa non lo so, non sono un esperto di mercato. Però negli Stati Uniti, se devo giudicare, da quello che vedevamo anni fa rispetto a quello che vediamo adesso quando andiamo alle gare, è cambiato molto. Mi diceva Gunther Steiner che all’inizio della sua avventura in Haas, i vicini di casa sua in America gli chiedevano che lavoro facesse in Formula 1, adesso quando gira lì tutti quanti gli chiedono dei selfie”.
Continuando a parlare di McLaren, possiamo dire che sia stata la sorpresa di questo 2024. Il mondiale costruttori può considerarsi quasi cosa fatta, meno il mondiale piloti. Norris ce la farà? Ha la stoffa secondo te o parliamo di un campione “fortunato”?
“Nell’albo d’oro della Formula 1 ci sono dei campioni del mondo che sicuramente valgono meno di quanto valga Norris. Per cui non vedrei sicuramente uno scandalo mondiale se dovesse vincere lui. Poi le sue possibilità sono legate sicuramente al far bene, ma serve anche una battuta d’arresto di Verstappen. Allora veramente si apre la possibilità. Se Max lo marca a uomo e non ha problemi con la monoposto, io credo che sarà difficile per Lando. Però, se c’è una battuta d’arresto di Verstappen, allora sì che lo scenario potrebbe diventare molto più probabile. Perché, al momento, non faccio fatica a immaginare Norris che vince tutte le gare. Però dipende anche da Max. Se Max ha sfortuna, becca uno zero o commette un errore oppure una gara gli va male e finisce ottavo, allora può cambiare. Sempre a patto che Norris continui col ritmo che ha fatto vedere a Singapore”.
Soprattutto tenendo in considerazione adesso che ci saranno altre Sprint Race, quindi ci sarà più possibilità per Norris di sgranocchiare qualche punticino e avvicinarsi a Verstappen.
“Sì, ogni classifica per lui dovrebbe essere un’opportunità considerando il fatto che ad Austin ci saranno diversi pacchetti di aggiornamenti portati dai team”.
E Piastri, invece? È assetato di sangue e forse farà pesare a Norris 17 punti persi in ottica mondiale.
“Piastri ha fatto il suo. Io lo ritengo un pilota probabilmente potenziale campione del mondo. Poi ci ha fatto anche dimenticare che lui sta disputando soltanto la sua seconda stagione di Formula 1. Secondo me sta facendo una stagione straordinaria. Però i discorsi sono aperti ancora oggi e la McLaren finora sta riuscendo prima a puntare al Mondiale Costitutore, che chiaramente per il grande pubblico è meno prestigioso, ma nell’ottica di una squadra è molto importante. E allo stesso tempo si è messo nelle condizioni di non creare polemica all’interno del box. E questo è molto importante nell’ottica di un programma che punta a massimi traguardi anche nel 2025 e probabilmente anche una base buona per il ’26”.
Secondo te il ciclo vincente Red Bull è durato troppo poco? Visto quanto accaduto nel recente passato con Mercedes e con Ferrari a inizio 2000.
“Al momento non è certo al massimo storico. Diciamo che abbiamo visto qualcosa di straordinario nello scorso anno. Qualcosa di pazzesco perché una squadra che vince 22 gare su 23 è qualcosa che non si era mai visto nella storia della Formula 1. Adesso è chiaro che nel programma di sviluppo di quel concetto di monoposto si sono evidenziati dei limiti, però quest’anno abbiamo visto che – a parte McLaren – nessuna delle altre squadre ha fatto centro con tutti gli upgrade portati in pista. Tutte hanno avuto almeno un problema che aggiustava una cosa, ma creava una ciriticità nella vettura, invece a McLaren non è successo ed è qui che ha fatto la differenza”.
Questo è dovuto al maggior numero di ore rispetto a Red Bull, Ferrari e Mercedes che hanno avuto in galleria del vento, visto il nuovo regolamento?
“Aston Martin ha sbagliato gli upgrade nonostante le grandi ambizioni e le molte ore in galleria del vento. Avere più ore aiuta, ma c’è un problema concettuale. McLaren, con una galleria del vento di ultima generazione, sta andando meglio. Anche Ferrari, Red Bull e Mercedes stanno aggiornando le loro strutture. Penso che Red Bull, con strumenti migliori, avrebbe individuato gli errori prima. Se ad Austin non miglioreranno, la situazione diventerà critica e influenzerà le scelte per il 2025”.
Chi non vede un ciclo vincente da molto tempo è la Ferrari. Con Hamilton la situazione potrà cambiare ed essere diversa? Magari in ottica 2026.
“Guarda, io vedo più possibilità di vincere il 2025 che il 2026”.
Perché?
“La Ferrari ha già in mano una macchina competitiva, ed è vicina a colmare quel poco che manca per essere al vertice. Il 2025 rappresenta un’opportunità concreta: la vettura di quest’anno, se sviluppata e migliorata nei punti deboli, potrebbe trasformarsi in una monoposto capace di vincere titoli. Non è affatto un progetto lontano dal successo. Il 2026, invece, è ancora molto incerto: si parla di un cambio radicale con nuovi regolamenti e power unit, ma è difficile prevedere cosa faranno i rivali come Red Bull, Mercedes, Audi o Aston Martin. Ogni squadra entrerà in un territorio sconosciuto, e il rischio sarà alto per tutti. In questo contesto, l’arrivo di Hamilton rappresenta senza dubbio un valore aggiunto in termini di esperienza e leadership, ma non sarà solo lui a fare la differenza. La Ferrari ha già un pilota da mondiale, uno che può davvero vincere se gli viene data la macchina giusta. La squadra, in generale, sta crescendo in modo significativo, e già a inizio anno avevo pronosticato che 4 o 5 vittorie sarebbero state sufficienti per considerare la stagione un successo. Credo fermamente che possano ancora raggiungere questo obiettivo. E per il 2025, l’asticella dovrà essere alzata ulteriormente. Con il giusto sviluppo e l’attenzione ai dettagli, la Ferrari può tornare a competere stabilmente al vertice. Se troveranno la macchina giusta, non solo potranno vincere gare, ma anche posizionarsi come contendente seria per il titolo mondiale. Il futuro è nelle loro mani, ma serve un passo avanti deciso e strategico per trasformare il potenziale in realtà.”
È quello che sperano all’interno di Maranello, cioè assoldare un pilota come Hamilton con una visione completamente diversa, avendo fatto parte di un team vincente dal 2014, praticamente al 2021.
“Sì, anche se Mercedes è da un po’ che non è più vincente, perché ormai sono 3 anni. Però ti porti in casa sicuramente un 7 volte campione del mondo che ha già vissuto tante situazioni e ti può dare un suo contributo. Poi è un contributo che però da solo non serve a nulla, cioè deve essere inserito in un contesto che deve essere già vincente di suo. Quindi ti può dare un valore aggiunto. Non è che Hamilton arriva e ti trasforma la Ferrari in vincente. Darà un contributo importante, io sono certo che lo darà”.
La Ferrari ha storicamente avuto problemi a gestire due top driver contemporaneamente, come abbiamo visto con Leclerc e Vettel in passato. Vedi un rischio di ripetere gli errori del passato con il monegasco ed Hamilton? Credi che Vasseur riuscirà a mantenere l’equilibrio?
“Tra Vettel e Leclerc ci sono stati dei disaccordi, ma è normale quando due piloti lottano per le stesse posizioni. Non vedo un problema di gestione piloti, anzi, auguro alla Ferrari di avere questo tipo di problema, perché significherebbe che stanno lottando per il Mondiale con due piloti in corsa. La gestione diventa critica solo nelle ultime gare, quando è giusto dare priorità a chi è davanti in classifica. Fino a quel momento, i piloti dovrebbero essere liberi di correre e spingersi a vicenda. Avere due piloti competitivi alza il livello della squadra, come Sainz ha fatto con Leclerc. Non ha più senso avere una seconda guida subordinata. Una squadra ha bisogno di due piloti veloci, e solo quando si è in lotta per il titolo si affrontano eventuali problemi di gestione. Spero davvero che la Ferrari, il prossimo anno, si trovi in questa posizione: con due piloti che si contendono il Mondiale”.
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Immagine in evidenza credit: Sky Sport F1