Durante la tappa di Monza del GT World Challenge Endurance Cup, il team Ceccato Racing era presente. Rossomotori.it ha avuto la possibilità di intervistare il suo Team Manager, Roberto Ravaglia: l’ex pilota ci ha raccontato gli inizi della sua carriera, passando per le difficoltà di oggi nel mondo del motorsport, per concludere cin qualche prospettiva futura.
Roberto Ravaglia: il rapporto con BMW
Roberto rivaglia, classe 1957, inizia il suo percorso sulle 4 ruote grazie ad Autosprint, che gli ha permesso di entrare nel campionato Formula Fiat Abarth. Il pilota veneto passa, poi, al Campionato Italiano di Formula 3 e fa bene anche lì. Siamo nel 1984, quando Roberto Ravaglia decide di fare il salto verso le ruote coperte, insieme a BMW, con cui parteciperà a diversi campionati. L’ex pilota, ora, ricopre la posizione di Team Manager in Ceccato Racing, che corre nel Campionato Italiano Gran Turismo. Ravaglia, in un’intervista con Rossomotori.it, ha parlato dell’inizio della sua carriera e del suo rapporto con BMW, che è stato essenziale per il suo successo.
La tua carriera da pilota è nata grazie a una selezione di Autosprint. Ci racconti un po’ gli inizi della tua carriera?
“Nel 1980 Autosprint mise in palio una Formula Fiat Abarth a un giovane promettente. Dopo varie scremature, sono stato scelto, anche se non ero proprio giovanissimo, perché all’epoca non si usava tanto montare in macchina da piccoli, come adesso. Grazie a questo ho iniziato a fare il campionato italiano Formula Fiat Abarth. Poi sul mio cammino ho anche avuto la fortuna di trovare una persona come Pino Trivellato, che aveva il team di Formula 3 quindi ho cominciato a correre lì con lui. Dopo, nell’83 ho fatto un test con la BMW Motorsport al Mugello. Dopo quel test sono stato selezionato per diventare uno dei piloti nei campionati successivi”.
Spesso ti chiamano “il Doge” o “il principe del Turismo”. Cosa c’è dietro questi soprannomi?
“Innanzitutto, perché sono veneto. Poi ho corso Germania, e a loro piacciono parecchio i soprannomi, mi hanno chiamato anche “Bob Ravioli”. In Italia per me è un onore che mi chiamino “il Doge del Turismo”, oppure anche “il Principe”, non ce ne sono tanti, quindi sono onorato di questo”.
Hai corso gran parte della tua vita con BMW. Com’è nato l’amore per questa casa?
“L’amore è stato reciproco. A volte bisogna essere anche fortunati e io ritengo di esserlo stato. Perché uno può essere bravo, però se non ha la fortuna di incontrare le persone giuste, non riesce ad andare avanti. Ho avuto la possibilità, appunto, di entrare in BMW, mi sono giocato a questa bella carta. Ho avuto l’occasione di essere il primo ad aver provato anche la M3, abbiamo fatto fare il test di sviluppo. La macchina era andata bene, sono stato bravo a metterla a posto e quindi ho conquistato anche i tecnici in BMW, che mi davano piena fiducia. A quei tempi non c’erano tante telemetrie, quindi gli ingegneri si basavano parecchio su quello che diceva il pilota”.
Come sei diventato Team Manager?
“Io mi sono ritirato parecchio giovane dalle corse, perché ho avuto problemi fisici, quindi ho deciso di ritirarmi a quarant’anni. Non riuscivo a stare fermo, dunque prima ho fatto il team, che poi è diventato Ceccato Racing, e adesso io faccio il manager del Team Ceccato, sempre in collaborazione con BMW Italia”.
Essere un pilota oggi: il punto di vista di Roberto Ravaglia
L’ex pilota ha dovuto fare i conti con la realtà agli inizi della sua carriera. Il mondo delle corse era costoso e, se possibile, lo è ancora di più oggi. Roberto Ravaglia ha raccontato a Rossomotori.it il suo punto di vista su cosa devono affrontare i piloti oggi e le differenze con il passato, accennando alle possibilità future del suo team e di BMW.
Cosa diresti a un pilota che vuole correre ma non ha le disponibilità economiche oggi?
“Questa è molto difficile, perché, come ti dicevo, bisogna essere fortunati. Già per montare macchina devi avere qualche possibilità. Adesso, se vedi, tutti quanti iniziano la carriera nei kart e, andando forti lì, già vengono presi da qualche casa automobilistica, cose che una volta non succedevano. Prima dovevi dimostrare e le corse costavano molto meno, quindi c’erano anche i team privati che riuscivano a farti correre, magari con qualche sponsor. Al giorno d’oggi le cifre sono talmente alte che anche per un team privato è difficile chiamare piloti se non hanno un budget. Di piloti bravi ce ne sono tanti, però un bravo non va più di tanto avanti, per arrivare alla Formula 1 deve essere anche un piccolo fenomeno, oltre che essere supportato. Perché ci sono anche i piloti che non sono fenomeni, che però sono supportati da budget”.
Avremo modo di vedere un team italiano come Ceccato Racing nel WEC in classe LMGT3 o Hypercar?
“Tutto è possibile, bisogna vedere se c’è se c’è la voglia di farlo. Noi, in questo momento, come Ceccato Racing, vogliamo fare bella figura dove siamo presenti. Siamo legati insieme a BMW Italia, quindi vogliamo fare bella figura nel Campionato Italiano Gran Turismo. Magari stiamo pensando di fare un’avventura nel GT World Challenge il prossimo anno, però noi continueremo sempre a fare il Campionato Italiano”.
Come vedi BMW nel panorama delle corse GT nazionali e internazionali?
“Questa domanda dovresti farla al vertice BMW. In questo momento io posso parlare della M3, hanno fatto un ottimo prodotto in GT3, anche perché non è una Supercar, quindi è anche bello vedere una macchina che è una Gran Turismo ma non è Supercar. Hanno fatto un ottimo lavoro e i risultati, in generale, arriveranno“.
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