Max Verstappen e Charles Leclerc sono due dei piloti che potrebbero essere grandi protagonisti nella F1 del futuro, ma al momento c’è ancora una grande differenza, argomento di cui abbiamo parlato con Fabiano Vandone. Ospite nella nostra puntata di Paddock GP, Vandone ha infatti espresso le sue sensazioni confrontando l’essere un campione e l’essere un eccellente pilota.
La differenza tra Verstappen e Leclerc secondo Fabiano Vandone
Max Verstappen e Charles Leclerc, coetanei e rivali, l’uno con più esperienza dell’altro in F1, mostrano ancora una grande differenza nel loro essere piloti, fattore di cui abbiamo parlato assieme a Fabiano Vandone. L’ultimo weekend a Imola ha infatti messo in evidenza ciò che nella F1 di oggi è spesso nascosto. Il pilota può fare ancora la differenza, cosa che Verstappen ha messo in pratica superando i limiti di una Red Bull non invincibile sul tracciato del Santerno.
Il tre volte campione del mondo olandese è infatti riuscito ad andare oltre i problemi di una vettura forte, ma non sempre perfetta, com’è normale che accada. Ospite nella nostra puntata di Paddock GP, Fabiano Vandone ha così spiegato qual è secondo lui la caratteristica che differenzia una grande campione da un eccellente pilota.
“Verstappen riesce sempre ad essere concreto in qualifica, solido in gara e produttivo con i suoi tecnici per le strategie e lo sviluppo della macchina. È un elemento differenziante enorme, perché anche quando i margini sono ridotti lui riesce sempre a massimizzare il risultato. Verstappen è nelle condizioni di guidare al limite, al 99-100% sempre, ma ha quella riserva mentale per andare a cercare l’opportunità in pista. Gli altri piloti riescono a guidare al 97-98%, ma sono al limite di tutto. Non sono in grado di avere quella finestra per guardarsi in giro e capire dove andare a rubare magari quel mezzo decimo mancante”. – Fabiano Vandone
“Il pilota cerca sempre di arrivare al limite tecnico, qualunque sia la macchina. La mentalità di un campione, rispetto a un eccellente pilota di F1, è quella di non fermarsi mai nella ricerca dell’ottimizzazione della sua prestazione. Non esiste la monoposto perfetta su tutte le curve del circuito. Capita forse 20 volte nella carriera di un pilota di F1 di fare il giro perfetto, dove non si lascia nulla in pista. Cosa fa il campione? Si mette nelle condizioni tecniche per avere la macchina che lo supporti a fare il giro perfetto. L’eccellente pilota arriva al limite e se la macchina risponde bene monta gomme nuove per cercare il tempo. Per il campione questa ricerca non è mai finita”. – Fabiano Vandone
Fabiano Vandone: “Il campione fissa il limite in alto e si risolve i problemi”
Entrando nel dettaglio della sua spiegazione, Fabiano Vandone ha poi portato un esempio di quanto si è notato in pista a Imola. Tra la Red Bull di Verstappen e la Ferrari di Leclerc c’era una differenza di assetto notevole, con il primo ben più rigido rispetto a quello scelto dal team di Maranello. Un fattore che permette quindi un determinato vantaggio, ma che richiede uno stile di guida che non tutti sono in grado di reggere. Perez, di fatto, con la stessa soluzione è finito a muro.
“Comparando ad esempio Leclerc, Norris e Verstappen alla Gresini si vedeva anche dalle sole foto che la Red Bull staccava tutte e 4 le ruote dall’asfalto. Questo vuol dire che l’assetto è molto rigido, con una macchina che di conseguenza risulta nervosa e complessa da gestire. È però una scelta indispensabile perché in questo modo l’effetto suolo diventa più potente. Non abbiamo sentito Verstappen lamentarsi; sa che fa parte del gioco e si deve arrangiare. È una scelta. Leclerc invece si lamentava”. – Fabiano Vandone
“Il campione fissa il suo limite in alto e si risolve i problemi. Gli eccellenti piloti descrivono la macchina come difficile da guidare. Storicamente i piloti veri guidavamo macchine molto dure, rigide, che sono più complesse da guidare ma molto più scorrevoli in curva. Verstappen è uno di quei piloti, ha l’esigenza di avere una vettura rigidissima per generare la massima precisione che lui vuole direttamente sul volante. Schumacher era così. Senna era così”. – Fabiano Vandone
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