Archiviato il trittico americano, il Circus si prepara per il gran finale di stagione con gli appuntamenti in Qatar, Arabia Saudita e Abu Dhabi. Se la pista di Yas Marina è ormai un classico, Losail e Jeddah rappresentano una prima volta assoluta per team e piloti. L’annuncio dell’approdo della F1 in Qatar e Arabia Saudita ha però sollevato un polverone circa l’opportunità di correre in paesi dove il rispetto dei diritti umani è ancora un’utopia. In un’intervista alla BBC Stefano Domenicali ha voluto rassicurare sulla bontà delle scelte di Liberty Media, sottolineando come la presenza della F1 possa anzi giocare un ruolo fondamentale nel percorso di cambiamento culturale intrapreso dai due stati arabi.
La F1 in Qatar e Arabia Saudita: per Domenicali si va nella giusta direzione
Se è vero che in F1 comanda ormai il dio Denaro – come ampiamente dimostrato dalla vicenda di Antonio Giovinazzi – è altrettanto vero che il Circus non va troppo per il sottile neppure quando si tratta di diritti umani. Da una parte abbiamo le battaglie a favore dell’inclusività e contro il razzismo portate avanti da Hamilton e colleghi, dall’altra abbiamo la Fia che sceglie di correre due degli ultimi tre GP della stagione in Qatar (qui per gli orari) e Arabia Saudita, paesi non certo all’avanguardia sui diritti umani. L’annuncio che Losail e Jaddah entravano a far parte del calendario 2021 ha sollevato, come era prevedibile, un vespaio di polemiche. La F1 è stata accusata di prestarsi al gioco di paesi che utilizzano lo sport e i grandi eventi per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dal tema dei diritti umani. Intervistato dalla BBC, in merito all’ingresso della F1 in Qatar e Arabia Saudita, Stefano Domenicali ha difeso la scelta di correre nei due stati della penisola arabica:
Un cambiamento così importante non può avvenire dall’oggi al domani – ha dichiarato il CEO della F1 – è un cambiamento culturale che richiederà tempo. Ma i tempi saranno accelerati dal fatto che ci sono grandi eventi. E la Formula 1 giocherà un ruolo importante in questo senso. Credo che i riflettori che stiamo portando saranno utili per la volontà e i desideri di cambiamento che questi paesi stanno mostrando. Non credo che chiudere a tali paesi e dire che non vogliamo andare lì aiuterà la situazione a migliorare. In realtà, è il contrario. Non significa che tutto sia perfetto, ma di sicuro quello che stiamo facendo va nella giusta direzione
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Rosanna Greco