Il 2020 doveva essere il calendario più lungo della storia della F1. Poi lo è diventato il 2021, con 22 gare e poche pause per un anno combattuto come quello appena vissuto. All’orizzonte ora si affaccia il 2022, con 23 gare da disputare, tra doppi appuntamenti, triplette e le probabili sei Sprint Qualifying. Lo spettacolo chiama da una parte, ma dall’altra questo lungo calendario di F1 porta ad una vita stretta per un addetto ai lavori, un meccanico, una di quelle persone senza le quali questo sport non sarebbe tale.
Il calendario di F1 si allarga: cosa ne pensa un meccanico?
Negli ultimi anni l’obiettivo della F1 sembra essere diventato quello spettacolo tanto ricercato da rischiare di trasformare in un contorno ciò che davvero conta. Le tante, troppe tappe che ogni anno sembrano aggiungersi al calendario ne sono un esempio, così come l’idea delle Sprint Qualifying, mini gare poi passate in secondo piano di fronte alla battaglia messa in scena da Hamilton e Verstappen.
Il prossimo calendario di F1 sarà composto da 23 gare, le stesse che dovevano andare in pista nel 2021 ma che la situazione legata al Covid ha leggermente ridimensionato. Le triplette comparse in questi ultimi anni sembrano invece destinate a diventare una normale routine. Spettacolare, forse, per un appassionato che potrà vivere tanti weekend di F1; ma è possibile dire la stessa cosa per chi in quel mondo ci lavora?
La preoccupazione più grande arriva dagli altri protagonisti di un mondiale di F1, ovvero gli addetti ai lavori, i meccanici, chi rimane dietro le quinte. Motorsport.com ha riportato le parole di uno di loro, in forma anonima, inerenti alle difficoltà che questa continua ricerca di guadagno ha causato nelle persone che rendono grande questo sport. Ne riportiamo alcuni estratti (qui trovate il racconto completo).
Vita da F1: il significato di un lungo calendario per un semplice meccanico
La vita come meccanico in F1 è dura, non si può nascondere. Tutti noi amiamo la F1 e sappiamo che far parte di questo richiede di scavare a fondo. Il calendario si è però allungato e le “triplette” sono diventate norma; per questo si è raggiunto un punto di rottura tra chi lavora nei garage. Le ore di lavoro sono tante. Dal mercoledì prima della gara fino alla domenica sera si lavora un minimo di 12 ore al giorno.
Ci si rende conto di questo solo quando si torna in fabbrica dove una giornata da 8 ore sembra corta. In effetti la vita “on the road” è anormale, ma si comprende solo quando si torna a casa. È implacabile, senza tempi di recupero. […] Dopo la tripletta Messico, Brasile, Qatar, tra voli in ritardo e cambi di fuso orario, in molti erano sconvolti. In quel momento ho visto le persone in difficoltà .
Quando si raggiunge l’apice della stanchezza è orribile; sei lontano dai tuoi cari e ci si sente davvero soli. […] Non c’è solo la stanchezza mentale ma anche quella fisica. Ci sono molti infortuni e nonostante medici e fisioterapisti a disposizione, la soluzione migliore è quella di imbottirsi di antidolorifici. In alcuni casi qualcuno si rivolge all’alcol e nemmeno questo va bene. Le regole Covid hanno poi aggiunto altro stress; i team infatti gestiscono i test come è meglio per loro, senza pensare al singolo individuo. […] Tra questo, le quarantene e i cambi di calendario all’ultimo, abbiamo dovuto rinunciare a parte delle nostre vite per un guadagno da parte dei vertici, senza ricevere qualcosa in cambio.
Le aspettative di lavoro sono sempre alte. Tutti contano su di te per un lavoro senza errori. Ma chiunque può sbagliare, siamo umani. Quando succede c’è questa silenziosa delusione da parte degli altri che porta a dubitare di te stesso. Le pressioni sono arrivate ad un punto in cui l’atmosfera a volte può essere tossica. […] Parlando del lungo calendario qualcuno, capi compresi, ha detto che se non piace ce ne possiamo andare. […]
Ho sentito molte persone parlare di smettere; non mi era mai capitato gli altri anni. Gli stipendi di un meccanico sono diminuiti negli ultimi 20 anni; è quasi meglio andare in F2, FE o WEC per meno soldi ma con meno gare e meno stress. Non dovrebbe essere così. Forse ciò che aiuterebbe di più sarebbe un po’ di empatia da parte dei vertici. Facciamo tutti questo lavoro perchè amiamo i Gran Premi, ma arriva un punto in cui il nostro benessere deve essere la priorità .
Quando uno sport rischia di trasformasi solo in uno show
La stagione di F1 appena corsa ha forse messo sotto la lente di ingrandimento il vero problema di uno sport sempre più comandato dal denaro. Le Sprint Qualifying, le nuove gare in Paesi senza tradizioni motoristiche e due momenti come il GP del Belgio o la conclusione di quello che è stato mondiale da fiato sospeso. Una ricerca estenuante di uno spettacolo che in realtà i veri protagonisti di questo sport sanno già mettere in scena.
Le novità non vengono tutte per nuocere e provare a cambiare ciò che non funziona è corretto; l’idea di portare uno sport come la F1 nel mondo arabo forse un giorno ripagherà , anche se al momento rimangono i dubbi sul vero movente che ha portato questi Paesi all’interno del calendario del Circus. Un calendario che appunto sembra essere destinato a diventare sempre più grande e pieno di impegni. La domanda che allora sorge spontanea è una: la F1 ha davvero bisogno di diventare uno show?
Le esigenze commerciali sono ormai diventate così importanti da mettere in secondo piano chi questo sport lo rende già spettacolare. Pubblico, piloti, addetti ai lavori, meccanici, fotografi, giornalisti, volontari… I protagonisti che permettono quello spettacolo sembrano non fare più parte di quel motore che muove lo sport; sono invece messi sullo sfondo di una scenografia occupata da soldi, “circuiti” ricchi e diritti commerciali da molti zeri. Il calendario di F1 si allarga, trasformando lo sport in un banale spettacolo, mentre la vita di chi ci lavora diventa sempre più stretta; ma è davvero questo quello di cui ha bisogno la F1?
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