Il GP d’Austria, vinto da Max Verstappen, non si è concluso ufficialmente con la bandiera a scacchi sventolata in pista. Per avere l’ordine di arrivo finale si sono dovute attendere ore vista la protesta avanzata da Aston Martin e accettata dalla FIA. Una mossa che ha portato a diverse penalità; ma sono stati i track limits il vero problema del GP d’Austria?
Track limits: un regolamento chiaro applicato lentamente
Dal venerdì alla domenica il GP d’Austria è stato particolarmente caratterizzato dalla grande quantità di tempi cancellati. I track limits, soprattutto quelli registrati in curva 10, sono infatti spesso protagonisti al Red Bull Ring; un appuntamento che non hanno mancato anche in questo 2023. A finire sotto accusa sono infatti stati i limiti della pista, soprattutto dopo la protesta fatta da Aston Martin.
Il team inglese ha infatti sostenuto che la FIA avesse dimenticato qualche uscita di pista durante la gara e che dunque l’ordine di arrivo non fosse veritiero. Un dubbio lecito e che la Federazione ha confermato, accettando la protesta e revisionando oltre 1200 segnalazioni. Le conseguenze sono state amare per molti piloti che, a ore dal termine della gara, si sono visti comminare alcune penalità che hanno cambiato la loro posizione finale.
I dubbi sollevati sui track limits dal popolo della F1 sono stati molti, ma è stato davvero questo il problema in Austria? Il regolamento, da questo punto di vista, parla chiaro; l’articolo 33.3 definisce infatti le linee bianche come parte della pista, mentre i cordoli no. L’articolo inoltre, definisce un pilota fuori dalla pista se nessuna parte della vettura resta a contatto con essa. Una regola che il Direttore di Gara ha ribadito nelle note dell’evento, specificando la cancellazione del tempo sul giro in ogni occasione di non rispetto di tali limiti. Regola che in Austria è stata applicata alla lettera. Il problema infatti non sembrano essere stati i track limits, ma le tempistiche che ci sono state nelle varie comunicazioni durante la gara.
GP Austria: tutta colpa dei track limits?
Il Red Bull Ring, come fatto presente da Amos Laurito sul suo canale YouTube, è un tracciato molto corto, da poco più di un minuto a giro. Una comunicazione che arriva dopo 40 o 50 secondi può dunque portare, quasi inevitabilmente, a un doppio errore e, di conseguenza, a un doppio warning che avvicina il pilota alla temuta penalità. Parlare di track limits come il vero e unico problema non sembra dunque corretto. Non tutti i piloti infatti hanno ricevuto una sanzione, qualcuno neanche segnalazioni; questo significa che rimanere entro i limiti stabiliti era dunque possibile. Le continue bandiere bianconere e le molte cancellazioni sembrano però aver distolto l’attenzione da un qualcosa di ben più grave. La Federazione, ancora una volta, ha infatti dimostrato, e successivamente ammesso, di non essere al passo con questa F1.
Oltre a quanto già detto, a sorgere spontanea dopo quanto accaduto in Austria è un’altra domanda. E se Aston Martin non avesse protestato? Con tutta probabilità la FIA avrebbe preso immediatamente la strada per Silverstone, lasciando quindi il risultato della gara invariato, ma non corretto. Un errore di cui poi si è scusata, ammettendo una mancanza che ad oggi pone la Federazione in una posizione non solo scomoda, ma anche particolarmente vacillante. Un problema ben più grave di una regola, quella dei track limits, ben applicata e facente parte di un regolamento approvato da tutti.
Track limits GP Austria: un lavoro fatto bene a metà
Come detto, in Austria la Federazione non ha peccato nell’applicazione della regola inerente ai limiti del tracciato. Qualcos’altro però, oltre alle infinite tempistiche in uno sport dove la velocità è padrona, non ha ben funzionato. Sul suo canale YouTube Amos Laurito, citando Federico Albano, ha portato alla luce un ulteriore problema che durante la gara è passato in secondo piano. Con quale criterio sono state date le penalità per il non rispetto dei track limits?
Il regolamento infatti non prevede una specifica procedura in casi come quello austriaco. Una realtà che potrebbe quindi essersi tradotta con una regola ad hoc per l’appuntamento al Red Bull Ring. Nello specifico, la quarta uscita di pista portava a 5 secondi di penalità, la quinta a 10 e poi il tutto veniva azzerato per poi ripartire. Tale sistema di penalità è però stato dedotto. Né il regolamento né le note che la FIA ha pubblicato durante l’evento riportano infatti tale procedimento. Una stranezza sicuramente, soprattutto per uno sport che sembra andare incontro sempre agli stessi errori, nonostante le risorse a disposizione non manchino. Una stranezza che però non ha riscontrato proteste da parte dei team, evidentemente avvisati di tale procedura.
Dubbi, perplessità e stranezze a parte, il grosso problema in Austria forse non sono stati quei track limits trasformati in protagonisti, ma tutto ciò che ha girato intorno ad essi. Dei limiti in uno sport come la F1 si sono resi necessari e grandi soluzioni alternative non sembrano esserci. Come spiegato da Amos Laurito, salsicciotti, erba o ghiaia porterebbero comunque ad altre problematiche; il pilota infatti il limite lo cerca e lo cercherà sempre. La vera gravità non si nasconde dunque dietro ad una linea bianca o ad un tratto di ghiaia. Il cambiamento che ad oggi sembra essere necessario deve infatti avvenire in alto, in seno a chi questo sport dovrebbe comandarlo, portarlo avanti e non rincorrerlo rimanendo spesso indietro.
Ascolta Paddock GP!
Nell’ultima puntata di Paddock GP, Raffaello Caruso, Chiara Zambelli e Gabriele Bassi hanno discusso del GP d’Austria assiema a due ospiti: Amos Laurito e Matteo Pittaccio.
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